Il teatro di Guglielmino sorprende in Sicilia (e non solo): vi racconto Fedra e "L'esclusa"
È un personaggio attuale, moderno. L'attrice l’ha interpretata accanto a Stefano Masciarelli, in una messa in scena curata dall'attore e regista Salvatore Guglielmino
La rappresentazione di "Phaedra" di Guglielmino
Nella sua Fedra, accanto ai personaggi di Ippolito, il figliastro respinto e Teseo, il re marito e padre di Ippolito, Guglielmino introduce una figura inedita: il vecchio saggio. Una presenza costante, inquieta, che abita le parole e i silenzi dei protagonisti. «Ho pensato a questa figura perché avevo bisogno di una sorta di grillo parlante, una coscienza che invadesse l’animo dei vari personaggi», racconta il regista. «Un interlocutore invisibile che si confrontasse con le loro anime, soprattutto con quella di Fedra».
È una Fedra attuale, moderna. Deborah Caprioglio l’ha interpretata accanto a Stefano Masciarelli, in una messa in scena che esplora i confini tra razionalità e passione, tra istinto e colpa. «Ho interrogato le anime degli stessi attori - spiega Guglielmino - perché credo che ci sia un flusso energetico che connetta gli interpreti ai personaggi realmente esistiti. Fedra è l’incarnazione della passione femminile, una forza potente e senza tempo, troppo spesso bistrattata o ridicolizzata dagli uomini e dagli autori. In lei ho voluto rappresentare la donna che si difende dal patriarcato e dal sopruso, un tema ancora oggi attualissimo».
Il tempio di Hera a Selinunte, con la sua imponenza silenziosa, diventa la scenografia naturale di questa riscrittura, un luogo in cui la parola si fonde con la pietra e il suono. «Sono un regista minimalista - confessa - e nel minimalismo utilizzo i luoghi in cui avviene la messa in scena. Ogni spettacolo è diverso perché l’attore è condizionato dall’energia del posto. Davanti al tempio di Hera, poi, è come dire: ti piace vincere facile».
Il suono delle campane tibetane, del cristallo e delle percussioni accompagna l’azione scenica, trasformando la tragedia in rito. Guglielmino crede profondamente nel valore della sintesi, nella purezza del messaggio teatrale. «Per me il teatro è un dialogo con il pubblico. Se non riusciamo a trasmettere un messaggio autentico, abbiamo fallito. Non basta la bellezza di una scena o una luce perfetta: serve un pensiero. Nella Fedra, come in altre opere, ho cercato di tenere la struttura del testo classico ma di usare un linguaggio contemporaneo, aggiungendo riflessioni e temi che possano arrivare alla coscienza dello spettatore».
Il regista individua un filo rosso che unisce le sue ultime produzioni: «Quest’anno il tema centrale è stato la "non vendetta". La vendetta è un loop che si ripete all’infinito. Se qualcuno non lo interrompe - e spesso è il personaggio apparentemente più debole - non si esce mai dal dolore. In Fedra, la vendetta di Teseo contro il figlio nasce da una parola, senza riflessione, senza ascolto. E mostra quanto questo meccanismo distruttivo sia ancora presente nel nostro tempo».
Quando gli si chiede se il teatro possa ancora parlare all’uomo contemporaneo, Guglielmino risponde senza esitazione: «Anche se sono passati duemila anni, la cultura greca è la base della nostra civiltà. Il regista deve solo rimodularla nella contemporaneità, perché i temi dell’umanità restano gli stessi, nel bene e nel male».
E in un’epoca dominata dalla velocità e dalle immagini, per lui il teatro è un atto di resistenza. «È l’unica arma. Oggi si vive di apparenze, di culture effimere. I giovani credono che basti un filtro o un taglio di capelli per comunicare qualcosa. Ma chi frequenta il teatro può vedere l’altro lato della medaglia: può scegliere di non omologarsi. Noi teatranti ci proviamo, e la storia ci insegna che il teatro, alla fine, ha sempre vinto, ha sempre cambiato le coscienze».
I prossimi progetti confermano la sua inesauribile voglia di ricerca. Dopo Fedra, Guglielmino ha diretto Agamennone. Nell’ombra del re, dove l’eroe, tornato dall’Ade, si confronta con Clitennestra e con Egisto, in un dialogo sul potere e sulla colpa. Ma il suo lavoro più recente è la trasposizione teatrale dell’Esclusa di Pirandello, il quale non ci ha lasciato alcuna realizzazione di una versione per il teatro del romanzo. Tale trasposione del Maestro Guglielmino porta il titolo L’Esclusa – l’ombra della colpa. Il debutto è stato il 17 Ottobre 2025 a Madrid ed ha riscosso con grande successo.
«Pirandello non aveva mai adattato questo romanzo per il teatro», racconta. «Ho voluto farlo io, con una regia minimalista e quattro personaggi. Il caso ha voluto che il debutto fosse in Spagna, dove Pirandello è amatissimo. Ora partirà una tournée nazionale». L’opera, spiega, nasce da una storia realmente accaduta a Catania: «La vera storia dell’Esclusa è un intreccio tra Verga, Rapisardi e una maestrina fiorentina, Giselda Fojanesi, la vera esclusa. Pirandello la conobbe e ne trasse ispirazione, pur cambiando molto. Mi piace pensare che il teatro oggi possa restituirle finalmente la voce».
Dopo Madrid e Capri, Guglielmino tornerà in Sicilia con nuove produzioni e con il Festival del Teatro Classico di Catania, del quale è direttore. «Ci sarà un gemellaggio con i festival spagnoli e porterò i miei lavori anche a Palermo. Mi sono innamorato di Segesta e Selinunte, ma anche di Palermo — dice sorridendo — pur essendo catanese. Strano, ma vero».
Nel suo teatro, come nella tragedia greca, tutto torna: la parola, il gesto, il suono. E mentre le luci si spengono sul tempio, resta l’eco di un’idea semplice e immensa: che la verità dell’uomo, anche dopo duemila anni, si può ancora raccontare.
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