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In "aruruci" sono l'ottava "meravigghia": la ricetta delle sarde (scritta) alla Camilleri

Un racconto nato da un sogno, anzi da un incubo: non riuscire a gustare il proprio piatto siciliano preferito. Ve lo proponiamo umili come questo piatto "povero"

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 4 agosto 2025

Le sarde in agrodolce con la cipolla

Ho fatto un incubo spaventosissimo. Ero dentro un romanzo di Camilleri, il mondo stava per finire e io non riuscivo a trovare gli ingredienti per il mio piatto preferito. Ve lo racconto.

Urtimamenti era pricipitato nel vortice deleterio del barattolame. Sottaceti che chiamavano Brioschi, che chiamavano sottaceti, che chiamavano Brioschi.

Un tunnel di acetica dipennenza gli aveva invaso casa di barattoli di vitro, che le vitrarie di Murano ci facevano un baffo. Perdipiù i vicini avevano attaccato a’ karaoke quella canzone di Albano e Romina che fa: "acidità, è un bicchiere di vino con un panino, l’acidità".

Accapì che era junto il momento di andarsi curcare. La matina si susì, accompagnandosi con un cafè corretto al Brioschi, sintenno ‘na terribile notizia al telegiornali: un popolo precolombiano, non avennu ‘nzocco fare, aveva profetizzato la fine del mondo niente meno che per quella specifica jornata maliditta.

Improvvisamenti, dovenno fare i cunti con l’Armageddon, un solo un pensiero gli attraversò il ciriveddo: i sardi con la cipollata in auruduci! Come se non bastasse il telegiornali gli cafuddò una secunna notizia peggio assai della prima: era anche la Jornata Mondiale della Migrazione dei Pisci. Vabbé che in Sicilia travagghio ce n’è stato sempre picca, ma fino a sto punto erano arrivati i pisci?

Che i Manciaracina ora si dovevano andare impiegare in una fabbrica al nord? Non c’era tempo da perdiri, doveva agire di subito. Altrimenti addio sarde, addio cipollata in agrodolce. Si furriò addannato tutti i pescivennoli del circondario. Tutti chiusi, tutti con lo stisso cartello appizzato: “Torno subito”.

Si furriò magari tutti chiddi dei paesi della costa, da Cefalù a Palermo: l’emigrazione dei pisci aveva causato il collasso di un intero settore alimentare. Finalmente, quanno stava pirdenno la spiranza, ne attrovò uno che portava una scritta differente: “Tonno subito”.

Scinnì dalla machina senza rapiri lo sportello, facendo, dalla cuntintizza, un salto mortale con doppio avvitamento. A bonu e bonè s’avrebbi manciato la tunnina con la cipollata in auruduci.

Tuppuliò alla porta ma non arrispunnì nisciuno. Pigliato di perplessità, addomannò a una cristiana che si stava sgrascianno le scale con la scopa e il cato dell’acqua. La signora ci spiò che non era “Tonno subito”, ma che il pescivennolo era ‘gnorante come la calia, e che ‘ntesta sua voleva significare “Torno subito”.


Se ne turnò, iddu, alla casa, sconfitto e in profondo stato di depressione. Ammancavano poche ore alla fine del mondo, e sarebbe dipartito senza mancirisì un’urtima vota le sardi con la cipollata in auruduci.

Nell’incertezza si calò una manciata di Brioschi e s’addrumò la televisioni. Al canale secunnu trasmittevano Medicina 33 con Luciano Onder. Precisamenti stavano passando la puntata delle malatie cardiovascolari.


La professoressa Alice Piscitello, primaria di Cardiologia presso del Policlinico Gemelli, stava spiando che “nonostante la sua natura povera, la sarda è invece ricchissima di Omega-3, acidi importantissimi per il mantenimento della memoria e le funzioni cerebrali. Inoltre, riduce i livelli di trigliceridi nel sangue e abbassa la pressione arteriosa, diminuendo così il rischio di malattie cardiovascolari”.

Intanto, in evidente in carenza di Omega-3, Luciano Onder si esibiva in quesiti trapezzistici, tipo: “un pesce al giorno leva il medico di tonno? È meglio avere un amico pescecane che un pescecane di amico?”.

Indeciso, se ghittarisi dal balcone o infilarsi la testa dintra il forno, decise di canciare canale. Al canale primo incocciò La prova del cuoco. Putacaso stavano priparanno nientepopodimeno ca le sarde con cipollata in aurudici, signo dell’Alto che avevano addeciso di farici sfregio n’fino all’urtimo.

Antonella Clerici, che ci stava supra i cabbasisi, in quanto conduttrice preferita di sua suocera, tineva u microfono in mano e intanto la cuoca Anna Moroni cuntava la ricetta.


«Allora, puliamo le sarde, le apriamo a libro e le friggiamo infarinate. A parte stufiamo le cipolle con alloro e peperoncino, poi aggiungiamo aceto, zucchero, uvetta e pinoli. Rimettiamo le sarde e facciamo insaporire. Buonissime anche fredde, eh!».

Ingredienti per 4 persone:
-1kg di sarde
-300gr di farina
-4cipolle
-1/2 di aceto di vino bianco
-2 cucchiai di zucchero
-1/2 cucchiaio (suddu du piaci u picanti) di peperoncino
-2 foglie di alloro
-2 cucchiai di pinoli
-2cucchiai di uva passa
-olio, sale, pepe (‘un hannu a mancari mai!)

Procedimento
Scaldate dell’olio in padella e, intanto, salate leggermente la farina con cui infarinerete le sarde. Friggetele finché non sono dorate. A parte, affettate le cipolle, sciacquatele e fatele rosolare in olio.

Aggiungete due foglie d’alloro e un po’ di peperoncino, coprite con un coperchio e lasciate stufare, mescolando ogni tanto per evitare che si brucino. Quando le cipolle sono morbide, unite l’aceto e lo zucchero, aggiustate di sale e pepe, poi versate l’uvetta, i pinoli e le sarde fritte. Cuocete ancora qualche minuto, finché l’aceto si sarà leggermente addensato.

Sentì una sensazione di umidità nel petto. No, non era quarchi cataclisma tipo glaciazioni prima dell’urtimo atto. Si era vaviato tutto ‘nfino alla maglietta.

Basta, era troppo! Chisto era masochismo allo stato puro. Ci sunno centinaia di modi per moriri, ma moriri di spinno no. Astutò la televisioni e andò a sdivacarsi nel letto, almeno avrebbi muruto nel sonno. Quarchi istante prima che l’occhi a pampinedda si serrassero completamenti, senti uno scampaniare.

Che si trattasse delle trumme dell’Apocalisse? E invece no. Era la za’ Rusidda, la vicina. Ci portava na tigghia di sardi con la cipollata in aururuci, pirchì sapeva che ci piacevano assà. Ci arrivarono accussì, di punto in bianco, com'é che ti arriva la cartella esattoriale.

Non se le sbafò subito. Aspittò le ore notturne della magnaccitudine, quelle in cui avrebbe dovuto essere impegnato a sognare quarchi parenti morto ca ci dava un terno sicco per la ruota di Palermo.

Arristò sdraiato sul divano, immuruto, a contemplare quella dannata tigghia dove ci stavano quelle dannate, amate e odiate sardi di za’Rusidda. Arrivò il punto ca non ce la fici chiù. Si fece il signo della croce e s’avvio dicenno: «mio Dio, mi pento e mi dolgo dei miei peccati, perché peccando murivu cu la panza china».


A quel punto, ogni cosa gli fu chiara: le sardi con la cipollata in auruduci erano l’ottava meravigghia del mondo, erano poesia di Baudelaire ma senza scassamento di minchia. Amen.

Consigli dello chef
Stai accura a cu inviti a casa, ca u sali e u zuccaro parinu i stissi.
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