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In Sicilia la prima notte di nozze si faceva una cosa a tre: marito, moglie e il "luongu ammatula"

È un modo tipicamente siciliano per indicare, certamente non in modo affettuoso, qualcuno. "Luongu ammatula" si dice, ma non tutti sanno esattamente cosa significa

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 8 novembre 2021

Tre giochi strani e perversi ricordo del periodo delle scuole elementari: a) si camminava insieme, in gruppi, e improvvisamente a qualcuno veniva la brillante idea di dire: “cuinnuto è l’ultimo” (cuinnuto sta per cornuto, ma a volte si diceva l’ultimo è figlio di sua madre) e di botto tutti a correre perché l’ultimo ad arrivare avrebbe subito una valanga di scappellotti belli pesanti che da noi chiamiamo “cappotta”.

b) In classe, nei momenti di pausa, qualcuno - sempre lo stesso di sopra solitamente - diceva di punto in bianco: “musca musca a cu parra abbusca!”. Musca sta per mosca, ma serviva per fare la rima, “cu parra” sta per chi parla, “abbusca” viene dalla parola spagnola “buscar”, cioè cercare, e in questo caso cercare legnate: pure qua cappotta a chi parlava. c) Sempre lo stesso cretino (e non poteva essere altrimenti) si usciva a dire anche: “Luongu, spilluongu, cuinnutu a cu è u chiù luongu”.
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La traduzione letterale sarebbe troppo difficile per chi non è siciliano. Vi basti sapere che ci si sdraiava a terra perché chi sarebbe stato il più alto, o sopraelevato, (visto che in Sicilia luongu/lungo e alto sono la stessa cosa) ovviamente avrebbe subito la solita cappotta. “Lungo” per noi siciliani è sempre un po’ negativo: prolisso, stancante, poco resistente, cretino, ma soprattutto che non serve a niente.

Perché questo? Partiamoci dal fatto che da noi tutto quello che è secco e lungo è sempre inevitabilmente ricollegato al fallo maschile con la raffinatissima espressione: “pare una mi… pare un amico".

Non c’è nessun trattato di fisica quantistica che accerti questa tesi, ma a Palermo succede che se compri una zucchina (e degli ortaggi in generale), se si fa un disegno di forma troppo ellittica, se una bottiglia è troppo affusolata, se un pesce è troppo allungato, se un berretto protende troppo verso l’alto, o per qualsiasi altra cosa, viene inevitabilmente fatta l’associazione con il… ehm… con l’uccellino.

Pure la povera oloturia che altrove si chiama cetriolo di mare, a Napoli al massimo viene definita “strunz ‘e mare”, in Sicilia prende il nome di (e qui non posso omettere) minchia di mare.

Stessa regola vale, e forse peggio ancora, per le persone. Quando qualcuno è alto e ingenuo, o poco utile (dipende dal contesto) viene normalmente definito un “luongu ammatula”, cioè uno che non serve a niente. Non per caso, minchione e luongu a matula, se non fosse prettamente una questione di statura, dato che minchioni bassi ce ne sono in egual misura, potrebbero essere tranquillamente dei sinonimi.

Quindi, siccome sin da bambino ho la fissa per il premio Nobel che prima o poi devo andare a ritirare, come metodo richiede, sono partito da semplice quesito: "da dove schifio viene Luongu ammatula?". Pultroppo (possiamo usare “pultroppo” dato che le “r” appena svegli sono faticose?) come ogni volta accade, i nomi dei re, pure quelli che non hanno fatto niente, finiscono in tutti libri e monumenti; le cose dei poveri invece vengono dimenticate e caput: questo rende difficili le ricostruzioni.

Ragion per cui se c’è qualche appassionato di etimologie, tipo “viene dalla parola greca sin sala bim”, o qualche passionale lettore delle composizioni dei bagnoschiuma, altrimenti di mattina non riesce ad andare in bagno, sappia che noi (cioè io) prediligiamo le cose rustiche.

Anche in questo caso ci sono due strade da percorrere, una po' più chic (si fa per dire) e una più a pane e formaggio. Matula nel medioevo era u'ampolla di vetro che i medici del tempo utilizzavano per controllare la nostra pipì… una provetta insomma. Ora, a quanto pare, non erano proprio delle aquile questi dottori e succedeva che spesso e volentieri sbagliavano le diagnosi e molti pazienti se la coglievano.

Secondo questa tesi da qui nasce “curare a matula”, cioè senza risultati. Altra tesi fantasiosa che non manca mai in questi casi è il nome dell’inventore x: ovvero un certo Matula una mattina si sveglia, inventa questa ampolla, gli dà il suo nome e si va a curcare di nuovo. L’altra strada invece ci porta oltre le porte della percezione che (e questa l’ha sparata uno che si chiamava William Blake) quando si apriranno tutte le cose ci appariranno come realmente sono: infinite.

E infinito era l'ingegno dei siciliani, dell’uomo in generale, quando nella storia si è trattato di sfidare le puzze… stu problema ancora noi con l’immondizia lo abbiamo. In buona sostanza, e magari non ci crederete, ancora una volta come nel caso di “Sciàtere ‘e matri” , il tutto ci riporta alle nostre amate arie musicali, solfeggi, nonché peti. Ebbene sì, per la serie “Quest’amore è una camera a gas”, il luongu ammatula inizialmente non era persona ma un sistema che avrebbe dovuto evitare divorzi sul nascere.

Il giorno del matrimonio, è risaputo, si mangia come i porci. Oggi gli sposini si tengono tutti linea e spiluccano mentre bevono il prosecchino perché le foto devono venire cool; tempo fa invece, visto ca si murieva ra fame, il giorno del matrimonio gli sposini per primi si mangiavano pure i piedi del tavolino.

Appena poi arrivava il momento che si mettevano a letto per la prima notte di nozze, altro che arie, uscivano tuoni tipo di fuochi d’artificio per la festa di Santa Rosalia e la puzza di chi ha mangiato scarpe da tennis. In Sicilia la matttula è la bambagia, e chiaccherando con diversi anziani tutti mi hanno parlato dello stesso metodo: un cuscinone “lungo” e imbottito di bambagia che dopo avere fatto allamore si metteva sotto le coperte tra i due sposini. Il motivo? Il cuscinone di mattola avrebbe dovuto assorbire tutte le puzze tremende che si sarebbero liberate durante la notte.

Il fatto è che, a detta sempre degli anziani, questo metodo non funzionava granché. Di conseguenza luongu a matula per dire che non serve a niente. Io non lo so che concezione avete voi del lungo, ma in ogni caso non sarebbe male fare come gli antichi greci. Cosa facevano? Rappresentavano di proposito le statue muscolose ma con il pipillo di un bambino per rappresentare la moderazione e l’imperfezione in quanto moderazione stessa.

Tradotto: nessuno è perfetto e un paio di arie sotto le coperte vi tocca accollarvele.
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