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Inquietanti e misteriose: le opere del genio russo Antufiev per la prima volta in Sicilia

Il museo più antico della Sicilia è invaso dalle opere misteriose del russo Evgeny Antufiev per "When Art became part of the Landscape. Chapter I" mostra curata da Giusi Diana

Balarm
La redazione
  • 6 giugno 2018

"Eternal garden" di Evgeny Antufiev (Wasserkirche, Zurigo)

I giorni caldi dell’estate palermitana si avvicinano e ci si addentra sempre più nella frenetica attesa dell’apertura ufficiale di Manifesta 12 (leggi qui per sapere cosa è, dov'è e quando è Manifesta).

Tantissimi gli eventi, e tra collaterali e non - una moltitudine di inaugurazioni segneranno i prossimi mesi. Tra i primi Collateral event della Biennale, la personale di Evgeny Antufiev dal titolo "When Art became part of the Landscape. Chapter I" curata da Giusi Diana.

L'inaugurazione è il 16 giugno, alla presenza dell’artista, al Museo Archeologico Salinas (organizzata dall’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Siciliana in collaborazione con la Collezione Maramotti di Reggio Emilia): l'evento chiude il 4 novembre e si prospetta tra quelli degni di nota.

Vuoi perché stiamo parlando del più antico museo della Sicilia, vuoi perché il Museo, tra i più importanti dedicati all’arte greca e punica sull’Isola, da poco si è aperto - con coraggioso intuito - al contemporaneo, fino ad ospitare la mostra di uno tra gli artisti più attenzionati della scena artistica Russa ma anche internazionale.
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Nato nella Repubblica di Tuva, territorio della regione siberiana al confine con la Mongolia nel 1986, dopo gli studi all’Institute of Contemporary Art di Mosca, nel 2009 si aggiudica il Kandinsky Prize nella categoria "The young artist. Project of the Year", e nella passata edizione di Manifesta, nel 2016 a Zurigo, il suo è stato tra gli interventi più efficaci ed apprezzati.

Oggi Evgeny Antufiev vive e lavora a Mosca. Il lavoro dell’artista nasce da quella terra ancestrale e misteriosa dove il rapporto degli individui con la natura è quotidiano e dove la tradizione sciamanica è ancora presente e palpabile.

Un lavoro non facile, non semplice da capire a un primo sguardo, ma forse, alla fine, proprio in questo risiede il suo fascino, e come dice lo stesso artista «Cosa c’è di più noioso dell’ovvio?».

Segni e simboli, oggetti, cimeli, reperti, si allineano all’interno del suo personale sistema tanto logico quanto spirituale: magia, alchimia, ritualità, in un dialogo ininterrotto tra archeologia e arte contemporanea.

Ma al di là della sua patria, delle sue credenze e tradizioni, quello che interessa all’artista e quello in cui crede è l’immortalità: la negazione della morte, la negazione dell’esistenza del corpo e della materia. Il corpo solo come un vestito, per lui la priorità sta nel pensiero e nella mente.

L’immaginazione umana ci aiuta a rimanere in contatto con la storia, la memoria, le paure, ma tutto è solo una proiezione: e questa idea sta dentro ogni suo progetto e dà vita a tutto il suo poetico lavoro.

Un lavoro potente, complesso, che spesso evoca una dimensione di trascendenza, tra il rituale e il performativo. C’è nei suoi lavori qualcosa di disturbante, che può scuotere, sconvolgere e inquietare, che si pone su diversi livelli di comprensione, ma sempre in maniera profondamente pura e poetica.

Opere piene di mistero e di segreti, realizzate con i più svariati materiali: perle, stoffe, marmo, legno, pietre, ossa, cristalli, capelli, denti, pelle di serpente.

Oggetti apparentemente privi di correlazione tra loro, ma che si fondono e si trasformano all’interno delle sue installazioni con un processo di fusione alchemica.

Per il mondo dell’arte oggi Evgeny Antufiev rappresenta una figura unica, proprio per il suo particolare metodo creativo in grado di conciliare elementi che al primo sguardo appaiono inconciliabili. Sono opere che emanano potenti vibrazioni, in grado di coniugare con efficacia la matrice originale della sua cultura nativa con le elaborazioni linguistiche contemporanee.

Per questa sua personale - la prima in Sicilia - concepita appositamente per il museo archeologico di Palermo, Evgeny Antufiev presenterà una trentina di opere: dalle sculture in legno intagliato, alle fusioni, alle terracotte, tutte formalmente connesse a iconografie simboliche, rinvenibili nei riti religiosi e pagani delle culture arcaiche, come l'iconografia funeraria che Antufiev esplora e ri-anima col suo peculiare sguardo, declinando un’ “invocata immortalità”, elemento fondante di tutta la sua ricerca artistica.

Il percorso espositivo si articolerà attorno al Chiostro Maggiore, sotto il portico e all’interno del giardino, per poi svilupparsi lungo l’intero piano terra e nell’appena inaugurata Agorà con interventi in dialogo e in contrappunto con i reperti e gli oggetti del museo.

Antufiev negli ultimi anni ha infatti esplorato la cultura della Magna Grecia e quella etrusca, sperimentando materiali, terre e cotture differenti creando speciali patine con materiali organici.

Ceramiche, fusioni, oggetti in legno intagliato, giocano con trame speciali: superfici ossidate e invecchiate, evocanti antiche scoperte, come fossero “doni” rinvenuti nel paesaggio, divenendo parte della natura stessa.

«Non possiamo separare l'arte dal paesaggio - dice Evgeny Antufiev - come le statue romane divennero parte del paesaggio e i vasi etruschi dei sotterranei. La vista percepisce l’arte antica come parte del paesaggio, come laghi, fiumi, montagne e valli».

«L’arte antica è organicamente costruita nell’universo e ne diviene parte. Solo la nostra ostinata volontà di voler scoprire una novità, di volerci sentire diversi da ciò che ci ha preceduto ci fa credere che esistano un’arte antica e una contemporanea. Forse esistono artisti morti e artisti viventi, ma l’arte è ciò che va al di là dell’artista, della sua semplice esistenza. L’arte, in fondo, è solo l’opera».
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