La sua bimba uccisa, una vita tra vendetta e giustizia: Marianne, che amava Palermo
Era felice di aver trovato un posto dove poter finalmente rimettere insieme i cocci della sua esistenza. Lavorava in un hospice e aveva preso casa vicino al mare. La storia
Marianne Bachmeier
Era felice di aver trovato un posto dove poter finalmente rimettere insieme i cocci della sua esistenza. Lavorava in un hospice e aveva preso casa a Santa Flavia, vicino al mare. La scrittrice tedesca era una bella donna, non passava certo inosservata; ma difficilmente i palermitani avrebbero potuto immaginare il dramma che si nascondeva dietro ai suoi malinconici occhi azzurri ombreggiati da una folta frangetta di capelli castani. In Germania la Bachmeier era diventata suo malgrado molto famosa, una decina d’anni prima: si era trovata al centro di eventi luttuosi e tragici che avevano sconvolto e diviso l’opinione pubblica.
Nel 1980 Marianne era una ragazza madre e gestiva un pub nella tranquilla Lubecca, città della Germania Ovest. Il 5 aggio aveva avuto una discussione con la figlia Anna, una bambina di 7 anni, che per ripicca aveva deciso di marinare di nascosto la scuola. Quel giorno stesso Anna era stata rapita e uccisa da Klaus Grabowski, un macellaio loro vicino di casa, noto alle forze dell’ordine: era stato già condannato in passato per reati sessuali su due bambine; si era volontariamente fatto castrare chimicamente, ma successivamente, con l'approvazione del tribunale, si era sottoposto a un trattamento ormonale che aveva ripristinato il suo desiderio sessuale.
Per disfarsi del cadavere, l’uomo aveva nascosto il corpicino di Anna in uno scatolone di cartone, che poi aveva abbandonato sulla riva di un canale. Era stata la fidanzata a denunciarlo alla polizia e Klaus aveva finito per confessare l’omicidio di Anna. Il suo racconto dei fatti fu una versione controversa e poco credibile: il macellaio sostenne che Anna tentò prima di sedurlo e poi di ricattarlo, in cambio di denaro. Probabilmente il becero tentativo di Klaus di infangare la bambina, innescò in Marianne il seme della vendetta.
Il 10 marzo del 1981 terzo giorno del processo a Grabowski, riuscì ad avvicinarsi all’imputato e a sparare con una pistola beretta 70, nascosta sotto l’ampio cappotto: sei colpi centrarono l’assassino, che morì nel giro di poco. "L’ho fatto per te, Anna" disse Marianne, che abbassò l’arma e si lasciò arrestare senza opporre resistenza. La legge aveva fallito già una volta: Klaus era recidivo. Lei aveva fatto giustizia; il macellaio non avrebbe più fatto del male.
Mai più. Il caso di Marianne divise l’opinione pubblica: c’era chi la giustificava per lo strazio subito e le inviava lettere e messaggi di sostegno, fiori e regali; chi ne condannava le modalità di vendetta; alcuni volevano che si pentisse, altri la vedevano come un angelo vendicatore. La stampa scandalistica si impadronì del caso; troupe televisive giunsero a Lubecca da tutto il paese, le analisi e i dibattiti sociologici si sprecarono; ma la Bachmeier divenne comunque un simbolo potente: una madre disperata senza la sua bambina e assetata di giustizia.
Accettò di vendere la storia della sua vita alla rivista "Stern" per 250.000 marchi, riuscì così a pagare le spese legali. Il processo contro di lei sarebbe iniziato nel novembre 1982. Si scoprì così che la giovane donna aveva avuto una infanzia terribile: un padre nazista alcolizzato e violento; una madre che dal momento che non andava d’accordo col patrigno l’aveva cacciata di casa. Era diventata un’adolescente problematica: a 16 anni aveva partorito il primo figlio e lo aveva dato in adozione. A 18 anni era rimasta nuovamente incinta e anche questa volta il bambino era stato adottato.
Nel 1972, a 22 anni, aveva avuto la terza figlia, Anna e questa volta aveva deciso di tenerla con sé e crescerla da sola. Lavorava tutta la notte in un pub e poi dormiva di giorno. Anna a volte restava sola in casa; oppure capitava che Marianne la portasse con sè al locale, dove la bambina a notte fonda si addormentava. Mariane era consapevole del suo stile di vita problematico e voleva dare anche Anna in adozione Una parte di quelli che l’avevano difesa si sentirono traditi: la Bachmerier non sembrava più corrispondere all’immagine di madre innocente; altri, tanti, continuarono a sostenerla.
Il processo si concluse il 2 marzo 1983, Marianne fu condannata per omicidio colposo e possesso illegale di arma da fuoco: alla fine, commossi dall’incredibile catena di sventure della giovane donna i magistrati di Lubecca usarono clemenza. Le diedero appena sei anni, riconoscendole tutte le attenuanti.
Fu rilasciata dopo 3 anni, nel giugno del 1985. In quello stesso anno sposò un insegnante di tedesco e tre anni dopo si trasferì con lui in Nigeria. Divorziarono nel 1990 e successivamente Marianne si trasferì a Palermo, la città del cuore. Trovò impiego come infermiera in un hospice. Dopo l’autobiografia "Palermo amore mio" aveva cominciato a lavorare a un altro libro, aveva già scritto un buon numero di pagine, ma il destino non aveva finito di accanirsi su di lei: nella primavera del 1996, nel periodo più sereno della sua tormentata esistenza, scoprì di avere una malattia che non perdona, un cancro al pancreas.
Lasciò la Sicilia e tornò a morire nella sua terra: si spense il 17 settembre del 1996, a soli 46 anni e venne seppellita accanto alla figlia Anna nel cimitero di Burgtor a Lubecca. Lei stessa aveva desiderato tuttavia un funerale a Palermo.
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