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Madagascar: la vita è uno zoo in digitale

  • 5 settembre 2005

Madagascar
USA, 2005
Di Eric Darnell, Tom McGrath
Voci di Alex (Ale), Marty (Franz), Melman (Fabio De Luigi), Gloria (Michelle Hunziker)

Una visita allo zoo è un infantile passatempo ormai demodè, uno di quei sopraffini piaceri da pargoli d’altri tempi (un po’ come andare al circo). Eppure, nonostante internet, i videogiochi, la tv e il conformismo robotizzante che c’incatena tutti, lo spettacolo della natura e la visione di un animale dal vivo (seppure in gabbia) riescono ancora a suscitare lo stupore e la commozione di grandi e piccini. Devono aver valutato questo gli autori del nuovo lungometraggio animato della Dreamworks, “Madagascar”, nuovo titolo vincente realizzato in 3D affidato alla regia di Eric Darnell e Tom McGrath. Un altro blockbuster premiato dal pubblico in patria e che sicuramente troverà estimatori anche da noi. Le nuove frontiere dell’animazione digitale hanno incantato tutte le generazioni, recuperando molteplici spunti di riflessione e divertimento, con una incisività maggiore di quella di certi attori in carne e ossa. Nel caso specifico bisogna però abbandonarsi all’estasi del divertimento: questo film è infatti una piacevole vacanza avventurosa piena di colpi di scena, zeppo di quelle citazioni che fanno gola ai cinefili.

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La vicenda inizialmente si svolge allo zoo di New York, dove conosciamo Alex, un leone vanitoso quanto ingegnoso ed attrazione principale del luogo, insieme a Marty, una zebra di classe però macchiata, a Gloria, un ippopotamo dall’istinto materno e a Melman, una giraffa dal carattere opposto a quello di Alex. Ci sono pure degli esilaranti pinguini pronti a combinare guai. Il sogno di Marty è quello di abbandonare lo zoo per conoscere finalmente la natura selvaggia. Il film si apre infatti con il suo sogno ad occhi aperti su una spiaggia tropicale. Così all’insaputa dei suoi amici, la zebra lascia lo zoo. Alex, Gloria e Melman si mettono sulle tracce dell’amica e, dopo una serie di disavventure nel cuore della metropoli, vengono catturati dalla polizia in una stazione ferroviaria. I quattro inseparabili amici finiscono richiusi nelle casse sopra una nave per essere spediti in Africa. Al quel punto intervengono i pinguini che, progettando la loro fuga verso l’Antartide, arrivano a dirottare la nave. Le casse finiscono in mare e i quattro protagonisti approdano nell’isola di Madagascar. Li attende una foresta ricca d’insidie e nuove avventure. Numerose le divertenti citazioni contenute in “Madagascar”: la zebra Marty cammina in piena New York notturna imitando il John Travolta de “La febbre del sabato sera” sulle note dei Bee Gees, il leone e la zebra nello zoo intonano a più non posso “New York, New York”, mentre sull’isola riconosciamo il pallone da rugby di “Cast Away” di Zemeckis. Tra le sequenze più esilaranti c’è quella dei lemuri impegnati, nell’isola, in una festa danzante con musica rap: una sequenza che richiama il ballo delle scimmie de “Il libro della giungla”.

La sceneggiatura è costruita secondo i crismi delle slapstick comedy e certi incidenti, che costringono i protagonisti ad allungare i corpi come fossero elastici, ci appaiono come un omaggio affettuoso allo stile Warner Bros di cui Tex Avery è stato l’indiscusso maestro. La figura di un’arzilla vecchietta che si batte contro il leone nella stazione ferroviaria sembra invece uscita da un cartone animato di Bugs Bunny. Sono anche questi omaggi che trasformano “Madagascar” in un autentico spasso e in un esempio d’intelligente parodia. Le musiche originali di Hans Zimmer, e i brani di repertorio, fanno da gradevole contrappunto e spesso diventano funzionali alla riuscita delle gag (c’è pure il celebre tema di “Momenti di gloria” di Vangelis e un brano composto da Mark Mothersbaugh per “Rushmore” di Anderson). Un film ironico ed irriverente, che parla di natura, di sopravvivenza e di amicizia. Una storiella morale che ci ammonisce rispetto al pericolo di rimozione dell’istinto, in questa giungla che è diventato il nostro comune vivere. Ci si può ritrovare fraternamente complici, a dispetto della differenza di razze e caratteri. “Madagascar” dimostra come l’animazione digitale della Dreamworks (sotto l’attenta egida di Jeffrey Katznberg, produttore illuminato) abbia fatto passi da gigante, non solamente dal punto di vista tecnologico. Dietro i disegni, deve esserci sempre l’autore. E allora ben venga l’animazione a salvare le sorti del cinema!

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