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Simbolo di una storia d'amore, ha girato il mondo: rinasce in Sicilia "Lisca Bianca"

Testimone di un legame come pochi e di un viaggio intorno al mondo che stava per ripetersi era rimasta in una rimessa per 10 anni. Ora è stata restituita al mare

Jana Cardinale
Giornalista
  • 2 novembre 2025

La barca "Lisca Bianca II"

Una storia romantica e suggestiva, ideale per l’evasione da un tempo a volte percepito come troppo "materiale", perché alimentato da una cultura che promuove il possesso e la gratificazione immediata. È quella di Lisca Bianca, imbarcazione entrata nella leggenda - la cui avventura è stata recentemente raccontata a Palermo nel corso di un evento organizzato dal Touring Club di Territorio, guidato da Fabio Rocca - che adesso ha una seconda vita.

Si tratta della barca con la quale i coniugi Albeggiani, Sergio e Licia, partendo da Porticello, hanno compiuto il giro del mondo e che, a un certo punto, dopo mille peripezie, ha cominciato un nuovo percorso indirizzandosi a una nuova funzione sociale seguita al recupero dopo l’abbandono; rilancio per cui si è prodigato Elio Lo Cascio, presidente dell’omonima associazione Lisca Bianca, intervenuto all’iniziativa per raccontarne la storia assieme al giornalista Guido Fiorito, che ha ripercorso i momenti salienti della vita della barca, dal recupero fino ad oggi, a Maurizio Albanese, della ‘Libreria del Mare’, e ad Angelo Mirabile, maestro d’ascia tra gli artefici della ricostruzione.

L’avventura è quella dei due coniugi palermitani appassionati di vela, che alla fine degli anni ’70, alla soglia della pensione, hanno deciso di far restaurare la barca al borgo marinaro di Porticello: un Carol Ketch del ’29, una specie di mulo dei mari con scafo in legno, trentadue piedi di lunghezza, doppio albero, chiglia in ghisa e appena un metro e mezzo di pescaggio. Il progetto originale, del 1924, prende spunto dalla struttura di vecchi pescherecci norvegesi, ma è stato riadattato per affrontare lunghe tratte nel Pacifico.

La costruzione è durata tre anni. La barca testimonia una storia d’amore realmente esistita, che l’associazione che ne porta il nome vuole sia ricordata per sempre. Negli anni ’70 gli Albeggiani decisero di investire tutti i loro risparmi in questo modo per andare a vivere in mare, e chiamarono la barca Lisca Bianca in omaggio al famoso scoglio eoliano.

Abbandonarono tutte le comodità della terra ferma, dove potevano godere di una vita un po’ borghese, per regalarsene una più in linea con le loro aspettative, e il 23 settembre 1984, circa sessantenni, iniziarono a navigare verso l’ignoto, in silenzi che emersero ‘assordanti’, affidandosi al vento, al sestante e alle stelle: dalle Canarie, che aprono la porta sull’Oceano Atlantico, alle Antille, poi Galapagos, Hawaii, Seychelles e Maldive, lembi di terra lontani ma che in realtà i due coniugi sentivano dentro le loro anime. Tre anni in mare e 29.180 miglia nautiche prima di tornare in patria, nel 1987, accolti da una folla festosa, che li rese una coppia di eroi.

Loro, come stregati dal viaggio, hanno preparato un secondo giro del globo e nel 1989 si sono rimessi in viaggio per un secondo giro intorno al mondo; il comandante Sergio Albeggiani, però, a quel punto viene a mancare. Nonostante ciò la moglie Licia per ulteriori due anni continuò a vivere alla Cala, ma senza Sergio il sogno era finito: Lisca Bianca è stata trasportata in una rimessa, dove è rimasta per più di dieci anni, a un passo dal giorno della demolizione.

Nell’aprile del 2013 Francesco Belvisi, un giovane yacht designer impegnato in un sopralluogo a Palermo per lavoro, ha notato la barca in stato di abbandono e ha chiesto informazioni a un amico, il sociologo e mediatore penale Elio Lo Cascio, appassionato di vela, che conosceva bene quella storia perché aveva letto con entusiasmo ‘Le isole lontane’, il libro che pubblicarono i due velisti al rientro dal primo giro del mondo. I due amici, Francesco ed Elio, decisero insieme di restaurare quella che oramai era un relitto, coinvolgendo i giovani dei servizi sociali; la pratica della velaterapia era già in atto da tempo e i ragazzi a rischio hanno manifestato un certo interesse.

Contattata, quindi, la famiglia Albeggiani, è nato il progetto: in breve si è creato il team di esperti e intorno a Lisca Bianca è cresciuta una rete che ha coinvolto volontari, artigiani, associazioni importanti come l’Istituto Don Calabria, Apriti Cuore, la Lega Navale, il Comune di Palermo e l’Assessorato Regionale al Turismo. La barca è stata trasferita per il restauro in un cantiere in contrada Sant’Onofrio, a Trabia, alla comunità terapeutica per tossicodipendenti gestita da don Calabria, in attesa della collaborazione dei giovani detenuti all’interno del Carcere Minorile di Malaspina a Palermo.

L’obiettivo era favorire l'inclusione sociale e lavorativa di giovani svantaggiati, attraverso il restauro e la navigazione di una delle imbarcazioni simbolo della cultura mediterranea nel mondo. Ad accompagnare il racconto emozionante di Lisca Bianca, all’evento cui ha preso parte anche la figlia dei coniugi Albeggiani, Diana, sono state le note dell’handpan di ‘Volaoscar’, pseudonimo di Piero Pellegrino, farmacista marsalese con la passione per questo disco armonico, che sempre più spesso si unisce a momenti culturale ricchi di suggestione, che si caricano di veri e propri attimi di magia grazie alla particolarità del suono del nobile strumento dall’effetto calmante sulla mente e il corpo, il cui uso è un’assoluta terapia musicale.

A volte la vita regala una seconda opportunità alle cose costruite e amate, facendole risorgere come araba fenice, dopo un periodo di abbandono e degrado. Lisca Bianca, dopo la sua prima vita tra "Isole lontane", oggi resta simbolo di libertà.
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