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Totò, Bernardo, Giovanni e Paolo in Tv: esce "Maxi", la serie sul Maxi Processo alla mafia

Un viaggio tra 38 udienze, 474 imputati, 8mila pagine di verbale, 1314 interrogatori, 635 arringhe difensive, 900 testimoni, 200 avvocati e 600 giornalisti da tutto il mondo

  • 17 ottobre 2018

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Si intotola "Maxi, il grande processo alla mafia", è la nuova docu-fiction in sei puntate prodotta da Rai Cultura che sarà trasmessa ogni martedì a partire da martedì 20 novembre alle 21.10 in prima serata su Rai Storia (canale 54 del Digitale terrestre e su Raiplay).

Il progetto è basato in gran parte sui filmati originali del maxiprocesso restaurati, digitalizzati e documentati a cura della sede siciliana della Rai.

Maxi racconta, con il linguaggio della docu-fiction, la storia del più grande processo alla mafia dalle sue origini.

10 febbraio 1986: inizia il maxiprocesso a Cosa Nostra. Per la prima volta più di 400 mafiosi sono chiamati a rispondere di decine di reati, in un'aula giudiziaria di enormi dimensioni costruita per l'occasione.

Nella serie si parte proprio dalla mobilitazione della Rai che per raccontarlo realizza e allestisce una redazione ad hoc di fronte all'aula bunker che tutti chiamano "l'astronave verde".
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A raccontare il processo sarà Franco Licitra: giornalista di 50 anni della sede Rai di Palermo, gran conoscitore del fenomeno mafioso.

Al suo fianco Gianni, un giovane operatore arrivato da Roma a rinforzare il gruppo di lavoro palermitano, e Teresa, una montatrice appena assunta, giovane e appassionata.

«Eravamo in cinque a seguire il Maxi Processo - racconta Salvatore Cusimano, giornalista della Rai a Palermo - oltre me c'erano Bianca Cordaro, Nuccio Dispenza, Gianfranco D'anna e Nino Rizzo Nervo, per la docu-fiction abbiamo partecipato alla ricostruzione di quegli anni, sostenendo gli autori per la parte della fiction, raccontando come eravamo organizzati».

«Allora abbiamo messo in piedi un'altra redazione accanto all'aula bunker - continua - che abbiamo affittato e dove avevamo tutto, salette per i montaggi, telecamere, perché noi come Rai avevamo l'esclusiva per le riprese».

L'inizio del processo vede i giornalisti impegnati nel racconto, l'attenzione mediatica in quei primi giorni è di livello mondiale, e il lavoro è complesso e caotico, mentre la Corte prende ancora le misure dell'enorme dibattimento, tra procedure burocratiche e lungaggini organizzative.

Gli avvocati basano la propria strategia difensiva proprio sull'ingestibilità della macchina processuale e tra di loro anche Federico Marsalis, palermitano, difensore di alcuni degli imputati.

I mafiosi ringhiano dalle gabbie, il vecchio boss Luciano Liggio prova a innervosire i giudici, il pentito Salvatore Di Marco minaccia di ritrattare.

Dieci giorni dopo l'inizio del processo, viene arrestato anche Michele Greco, detto "il Papa", il capo della Commissione mafiosa: il processo è entrato nel vivo.
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