Un filo tra le (ultime) ricamatrici siciliane: Carolina, una tedesca a Palermo
La storia di una donna che ha scelto di mettere radici nell'Isola, non per cambiarla, ma per amarla così com’è, con la sua lentezza, la sua complessità, la sua bellezza antica
Carolina Guthmann
«La Sicilia è stata una scelta non vorrei dire dovuta, ma quasi naturale — ci racconta —. Quando abbiamo iniziato il nostro progetto abbiamo conosciuto alcune eccellenti ricamatrici in Sicilia. La Sicilia è stata una scelta naturale: qui la stratificazione di culture ha creato il vocabolario tecnico più ricco che abbiamo incontrato. Dopo Roma, Palermo è diventata la nostra base perché questa complessità ha modellato la nostra visione creativa: ridurre, astrarre, rendere attuale un sapere millenario. Da qui costruiamo un linguaggio mediterraneo contemporaneo che portiamo nel mondo».
Così nasce un progetto che è insieme impresa e atto d’amore: un’azienda che unisce le mani delle lavoratrici e l’anima di chi le guida. L’idea stessa racchiude un senso di armonia e di incontro: quello tra la forza creativa di Carolina e le ricamatrici che, con la loro maestria, trasformano antichi saperi in segni moderni. «Ecco che cosa intendo quando dico che è stata una scelta quasi naturale quella di venire a Palermo per realizzare il nostro progetto di lavoro e di vita».
Il suo modo di intendere il lavoro artigianale è limpido e coraggioso. In un’epoca dominata dalla produzione di massa, Carolina ha scelto un’altra strada, forse più difficile ma di certo fatta di momenti unici: quella del tempo, della qualità, dell’ascolto. «L’approccio umano è quello che fa la differenza perché non competiamo su prezzo o velocità, ma su senso, qualità e durata. L’umanità, accompagnata da regole chiare, è alla base degli standard professionali che dobbiamo ai nostri clienti. - E aggiunge- Riconosciamo il valore delle ricamatrici e, allo stesso tempo, chiediamo un allineamento a processi e standard aziendali. È un patto reciproco: noi rispettiamo i loro tempi e loro i nostri, con paghe e condizioni chiare. Il risultato è inclusione, qualità e reddito dignitoso che porta benessere alle famiglie misurabile, non retorico».
Oggi Carolina ha creato una fitta e ben coesa rete di donne — dislocate in piccoli paesi della Sicilia interna, spesso dimenticati — lavora per il suo marchio. Proprio lei ha ridato dignità a un mestiere che rischiava di estinguersi e con esso stesso ha ridato ricordo e memoria a intere comunità. Ha restituito valore al lavoro manuale, alla lentezza, all’idea che la bellezza non si produca in serie, ma si coltivi, filo dopo filo. «Non siamo siciliani, ma ci sentiamo profondamente legati a questo territorio — spiega —. Non vogliamo in alcun modo appropriarci del patrimonio culturale locale. Partiamo dallo studio, da archivi, da ricerche, isoliamo l’essenza del segno e la riduciamo: meno decorazione, più ritmo e spazi vuoti. Inoltre, le collaborazioni, come con Kazumi Yoshida, sono un confronto progettuale continuo che ci tiene lontani dai cliché. La scelta stilistica è cresciuta negli anni e, da situazioni più opportunistiche per soddisfare richieste dei nostri clienti, è diventata strategica.
Cerchiamo sì un ancoraggio locale, ma allo stesso tempo lontano dai preconcetti e in continua evoluzione». C’è, in questo progetto, un dialogo costante tra due culture: quella tedesca di Carolina e quella siciliana delle donne con cui lavora. È un equilibrio fragile ma fecondo, produttivo, che genera forme nuove e autentiche di collaborazione e di crescita reciproca.
«Il mio rigore tedesco a volte si scontra con un approccio più rilassato alla vita — ammette —. Nel lavoro può creare attriti, ma si gestiscono. La Sicilia mi ha resa più paziente e “zen”; la disciplina della mia formazione, unita a questa apertura, ha reso possibile il progetto. È una terra che ho imparato a conoscere e amare».
E lo si capisce guardandola negli occhi: grandi, profondi, ma incredibilmente dolci. Gli occhi di chi sa che costruire qualcosa in Sicilia è una sfida quotidiana, ma anche una promessa di bellezza, di amore e di attaccamento per la nostra meravigliosa terra. Con determinazione, rigore e una fiducia incrollabile nelle persone, Carolina Guthmann ha dimostrato che qui, dove la tradizione incontra il futuro, è possibile realizzare un sogno: creare impresa senza tradire l’anima. Questa è una bella storia — una di quelle che ci ricordano che la Sicilia non va salvata, ma capita, amata e di essa stessa vanno esaltati quei tratti che il tempo può purtroppo dimenticare. Oggi tutto è veloce, le immagini, la comunicazione, i messaggi, invece il progetto delle ricamatrici di Carolina ci ricorda il valore e la bellezza del tempo, la lentezza come un esperienza preziosa che va custodita.
Questo è quello che si vede in un suo ricamo, dove mille fili colorati si intrecciano e creano meravigliosi disegni che evocano la tradizione siciliana e ci ricordano il tempo che fu, quando tutto aveva un significato diverso, unico, irripetibile. Questa storia di amore per la nostra isola ci insegna che, quando qualcuno ama davvero la Sicilia, è lei stessa a ricambiare, con tutta la sua forza gentile.
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