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47 anni di amore, Massimo Milani ricorda il suo Gino: "Sei stato il mio dono più grande"

Dall'unione civile alle battaglie per i diritti a Palermo, l'addio a Gino Campanella: "Ci conoscemmo a Roma e scoccò subito la scintilla. Così gli chiesi di sposarci"

Luca La Mantia
Giornalista professionista
  • 13 giugno 2025

Massimo Milani e Gino Campanella

Il ricordo più bello di Gino Campanella? Per chi ha conosciuto a fondo uno dei simboli del movimento Lgbtqia+ a Palermo potrebbe sembrare un'impresa ardua scavare nella memoria, tra i sorrisi, tra le tante battaglie per i diritti e poi trovare l'episodio più emozionante, che ti spezza il cuore.

Eppure Massimo Milani, che con lui ha fatto coppia per 47 anni, non ci pensa su troppo. Nonostante siano trascorse poche ore dalla scomparsa di Gino, morto a 78 anni per una grave malattia.

«La prima cosa che mi viene in mente è il giorno in cui gli chiesi di sposarci. Lui aveva superato una grave malattia, aveva lottato tra la vita e la morte. Avevo fatto una promessa: se guarisce lo sposo».

Massimo interrompe le lacrime per sorridere al ricordo di quel momento, quando gli chiese di sedersi perché doveva annunciargli una novità. «Ma Gino si preoccupò. "Devi dirmi che vuoi rifarti qualcosa?", mi disse prima ancora che io parlassi. Ma lo fermai subito: "Non voglio rifarmi nulla - risposi - voglio solo sposarti».

E si sposarono davvero. A Giarre, a 40 anni esatti dall'omicidio di Giorgio e Toni, due giovani fidanzati uccisi perché omosessuali. «Ci sposammo a Giarre proprio per questo - racconta Massimo Milani -. Volevamo dare un messaggio politico. Ma la nostra unione civile fu soprattutto una festa in onore di Gino che era guarito dalla malattia».

Massimo Milani e Gino Campanella sposi il 31 ottobre 2020. Sposi in seconde nozze, per la verità. Nel 1993, infatti, avevano "osato" sposarsi simbolicamente davanti a Palazzo delle Aquile a Palermo. E quella era stata la pietra miliare del loro amore e forse anche delle battaglie per i diritti a Palermo.

«Quel matrimonio simbolico ebbe un'eco internazionale - continua Milani -. E proprio grazie alla nostra scelta si fecero avanti tante altre persone che chiedevano di essere riconosciute come coppie. Quel giorno sbocciò anche il grande affetto nei confronti di Gino che oggi leggiamo nei tanti messaggi di cordoglio».

Gino e Massimo sono stati una delle coppie gay più longeve d'Italia. «Ci conoscemmo 47 anni fa perché facevamo parte di un'associazione per i diritti degli omosessuali, il Fuori! (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario Iitaliano) - racconta Massimo Milani -. Eravamo a Roma, mia città natale, lui allora stava a Torino».

«Fu amore a prima vista, una cosa davvero inspiegabile - continua -. Gino lasciò tutto e venne a vivere con me a Roma. Nel 1978 invece ci trasferimmo a Palermo, la sua città. Eravamo andati in Sicilia perché lui doveva incontrare i suoi due figli, poi restammo qui. Eravamo spiriti liberi, facevamo cose senza pensarci troppo».

Quella del 1978 era una Palermo molto diversa da oggi, commenta lo stesso Milani. «Gino ha lottato tanto perché la sua città cambiasse, se ci è riuscito lo dirà la storia. Ma io credo che sia cambiata davvero. E noi abbiamo vissuto il cambiamento sulla nostra pelle. Abbiamo lasciato una traccia».

Che non è soltanto quel matrimonio simbolico, ma una lista infinita di battaglie per i diritti. Come la creazione del primo circolo Arcigay, padre di quel movimento che si è poi diffuso in tutta Italia, o l'apertura delle loro attività commerciali che Massimo definisce "centri sociali".

«Le nostre attività sono sempre state dei luoghi di accoglienza, dei luoghi in cui c'era la nostra voglia di aprire le porte alle persone per quello che sono. L'ultima è Quir, nella zona di Casa Professa».

Il negozio di borse in pelle fatte a mano è anche qualcosa di più. «È un posto dove ridiamo, balliamo, facciamo politica. È un centro sociale mascherato da attività commerciale dove spacciamo felicità».

La scomparsa di Gino ha spezzato l'idillio. «È successo tutto in poco tempo - racconta Massimo - aveva problemi alla schiena, faticava a camminare. Nessuno aveva capito cosa avesse, le cure non avevano fatto effetto. Poi la Tac ha svelato la malattia, che ormai lo aveva preso in modo inarrestabile. In 20 giorni è precipitato».

Lo strazio nella voce di Massimo è tangibile. «Sono in stato confusionale. Come ci si può sentire quando dopo quasi 50 anni di amore si perde la persona più cara? Perdi all'improvviso la persona che ti sta accanto, ti rispetta per quello che sei, ama la tua anima in qualunque modo si trasforma».

A pochi giorni dal Pride, in programma a Palermo il 21 giugno, Palermo ha perso un punto di riferimento per chi lota per i diritti di tutti. L'anno scorso un altro lutto, la scomparsa di Luigi Carollo, che del Pride era stato coordinatore, mentre due anni fa era venuta a mancare Rosi Castellese, fondatrice nel 1999 di Lady Oscar Arcilesbica Palermo.

«Il 21 giugno sarà l'occasione per ricordare Gino - conclude Massimo Milani -, perché lui ha fatto davvero tanto per questa città. Ma oggi lo ricordo come il dono più grande che una persona come me può avere avuto. Dovrò ricominciare, non so come senza di lui».
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