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Ha 102 anni e ancora se lo ricorda: Antonio, il soldato siciliano che prese in giro i nazisti

Classe 1921, Antonio Vaccarella, racconta ai microfoni di Balarm la storia che un anno fa gli ha valso una targa al Giardino dei giusti di Palermo per "atto eroico"

  • 24 febbraio 2024

A Palermo, nel Giardino dei giusti, una targa lo onora per "atto eroico".

Oggi Antonio Vaccarella ha 102 anni ma ricorda quell'episodio come fosse ieri. Classe 1921, ci racconta davanti a un caffé - e qualche biscotto alle mandorle - la sua storia.

Nato e cresciuto a Collesano, sulle Madonie, in una famiglia di sarti, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale venne chiamato alle armi.

Quando lo arruolarono aveva solo 20 anni: «Sparavo in aria - ricorda - non volevo uccidere nessuno, neanche gli stranieri. Io ero un sarto, mi dispiaceva andare ad ammazzare».

Uomo retto dalla mente brillante, venne quindi presto indirizzato alla carriera di telegrafista. Di quegli anni ricorda soprattutto il freddo al confine con l'ex Jugoslavia, dove gli italiani venivano accolti a braccia aperte: «Le signorine ci aprivano le porte delle loro case - racconta - ci offrivano té caldo e biscotti. Molte si innamoravano di me. Scendevano, mi baciavano e se ne andavano».
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Nel 1943, a guerra quasi conclusa, Vaccarella decide di rimandare il suo ritorno a casa: l'attraversamento della Penisola era ancora troppo rischioso per la presenza di numerosi militari nazisti lungo la strada.

«Raggiungere la Sicilia - spiega - era complicato, decisi di fermarmi a Roma dove abitavano alcuni miei parenti».

È il periodo delle persecuzioni razziali e dei rastrellamenti - come quello al ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, ordinato dal colonnello Kappler - e proprio nel palazzo di via Vespasiano, dove abitavano i suoi familiari, viveva - nascosta - una famiglia di ebrei, i Di Castro.

Un giorno, alla porta dei Vaccarella bussano i militari della polizia fascista. «Mi chiesero dove viveva la coppia di ebrei», racconta.

Agli ufficiali nazisti Vaccarella però indica la scala opposta. Nessuna esitazione. Poi via sui tetti.

«Io sapevo dove abitavano - spiega - ma indicai la scala opposta. In quel momento, pensai ad una sola cosa: condurre la polizia fascista sulla strada sbagliata. Quella famiglia aveva il diritto di vivere liberamente la propria vita. Poi scappammo tutti sui tetti».

I parenti di Antonio completeranno poi il salvataggio nascondendo la famiglia Di Castro in un altro appartamento, in via Sebastiano Veniero, una strada vicina a via Vespasiano.

«Erano brave persone - spiega Vaccarella - che andavano aiutate con ogni mezzo».

Poi il ritorno a Collesano - «il più bel Paese delle Madonie» - e alla vita da sarto. Due matrimoni e un'esistenza felice che lo ha visto raggiungere la straordinaria età di 102 anni con una discreta lucidità.

Merito anche delle attenzioni del figlio Giacinto, che lo aiuta con alcuni esercizi a sgranchire le gambe, del sole che tanto ama prendere e delle tabelline che spesso si ripete da solo per tenere allenata la mente.

«Nell'inverno andavamo a ballare - racconta, svelando il segreto della longevità - tre, quattro volte alla settimana. Io avevo l'orchestrina, cantavamo le serenate. Collesano era un paradiso per me. Questa vita mi faceva bene».

Ma Antonio Vaccarella ama ancora tanto cantare, e prima di salutarci accenna qualche strofa della canzone che Vincenzo D'Annibale e Libero Bovio hanno dedicato a Napoli: «Chisto è u paisi du sole, chistu è o Paisi du mari».

Nel suo caso però la dedica va a Collesano che lo ha cresciuto e poi ri-accolto come Itaca con il suo Ulisse.
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