STORIA E TRADIZIONI
La notte di San Lorenzo è "nata" in Sicilia: c'è un motivo se qui il cielo dà spettacolo
Su quest’isola, antica e superstiziosa, la notte delle stelle cadenti è molto più di una semplice tradizione: è un momento in cui sacro e profano si intrecciano

La notte delle "stelle cadenti"
Qui, su quest’isola antica e superstiziosa, la notte delle stelle cadenti è molto più di una semplice tradizione: è un momento sospeso in cui sacro e profano si intrecciano, in un rito che affonda le radici nel Medioevo – e forse anche prima.
Non tutti sanno, ad esempio, che la Sicilia venera San Lorenzo ben prima che il culto si diffondesse capillarmente nel resto della Penisola.
Nella Valle dei Templi, ad Agrigento, i primi cristiani avevano adattato un piccolo ipogeo preesistente a cappella dedicata al diacono arso vivo sulle graticole.
Proprio vicino ad Agrigento, in un villaggio oggi abbandonato che un tempo si chiamava San Lorenzo in Monserrato, si raccontava che la notte del 10 agosto le stelle non cadessero, ma risalissero al cielo, come anime purificate.
Una leggenda medievale poco nota narra infatti che le “stelle cadenti” non siano altro che le anime dei dannati liberati dal Purgatorio grazie alle preghiere recitate la sera di San Lorenzo.
Secondo alcuni codici miniati conservati presso la Biblioteca dei Benedettini di Catania, le veglie notturne in quei giorni di agosto erano pratiche comuni nei monasteri, e le monache annotavano le “fiammelle” nel cielo come segni dell’intercessione divina.
Ma il cielo di Sicilia in quei giorni nasconde anche qualcosa di meno noto e decisamente più misterioso. Uno studio pubblicato nel 2016 dall’astrofisico palermitano Emanuele Rizzo ha proposto un’ipotesi affascinante: una correlazione tra l’aumento dell’attività meteorica e la memoria culturale del martirio.
Secondo Rizzo, eventi meteorici significativi registrati nel Mediterraneo tra IX e XII secolo potrebbero aver influenzato la scelta simbolica della data del 10 agosto. In particolare, si ipotizza che una pioggia meteorica straordinaria registrata intorno al 955 d.C. (forse legata allo stesso sciame delle Perseidi) abbia colpito profondamente le popolazioni bizantine della Sicilia orientale, alimentando la costruzione di un culto “celeste” attorno alla figura di Lorenzo, già venerato a Roma.
E non è tutto. A Castroreale, borgo medievale sui Nebrodi, durante la notte di San Lorenzo si tiene un antico rito di purificazione con il fuoco. In passato si bruciavano rami d’ulivo e si saltava la fiamma recitando formule antichissime per “lasciare andare” il dolore, le malattie, la solitudine. La fiamma scacciava le tenebre dentro. Anche qui si facevano desideri, ma non si esprimevano mai a voce: bastava guardarli “salire” con il fumo.
A Lampedusa, invece, c’è chi giura di aver visto, proprio la notte di San Lorenzo, una luce turchese immergersi nel mare. Un fenomeno che alcuni collegano all’attività dei fotoplancton, ma che la tradizione popolare legge come il passaggio di una sirena incantata:
«Quando si vede quella luce, vuol dire che qualcuno ha davvero detto la verità al cielo», dicono gli anziani.
C’è poi un collegamento insospettabile tra la notte di San Lorenzo e la meteorite di Ensisheim, caduta in Alsazia nel 1492. Gli alchimisti del tempo ritenevano che quella pietra “celeste” contenesse il fuoco dei martiri, e diversi frammenti furono inviati come reliquie simboliche.
Si racconta che uno di essi sia finito – in modo mai ufficialmente documentato – nel tesoro del Duomo di Monreale, dove una misteriosa pietra nera di origine sconosciuta veniva mostrata solo nei giorni precedenti al 10 agosto.
Se tutto questo ti sembra troppo per una semplice pioggia di stelle, prova a chiedere a un contadino di Petralia Sottana cosa fa la sera del 10 agosto. Ti risponderà che guarda il cielo, ma anche le piante: perché se quella notte le stelle sono tante, «la vendemmia sarà dolce».
Una saggezza antica, legata forse all’osservazione empirica del clima e dei cicli naturali, ma che resta custodita con la delicatezza dei segreti, tramandati a bassa voce.
Così, nella notte di San Lorenzo, la Sicilia non si limita a esprimere desideri, ma li seppellisce, li brucia, li trasforma, li idealizza. Non guarda solo le stelle che cadono, ma anche quelle che restano, mute, a illuminare quello che non si può dire.
Forse è proprio questo il punto: il vero desiderio non è quello che si affida a una scia di fuoco, ma quello che si cela nel buio, aspettando il momento giusto perché possa diventare luce.
Allora succede che, in Sicilia, la notte di San Lorenzo non è mai davvero buia. Anche se il cielo è coperto e le stelle si fanno attendere, c’è sempre una luce che arriva da altrove: da un falò acceso tra i mandorli, da una finestra aperta sul mare, da un vecchio che racconta storie mentre scruta l’invisibile.
È una notte fatta per chi sa aspettare. Per chi crede che i desideri non siano semplici sogni, ma semi che hanno bisogno del buio per germogliare. Una notte in cui persino il silenzio sembra avere un accento siciliano, profumato di zagara, fichi maturi e vento caldo. Qui, dove il tempo ha la pazienza delle madri e l’eternità dei vulcani, anche una stella cadente ha qualcosa da dire.
Basta solo saperla ascoltare.
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